martedì 13 giugno 2006

Opensource, "Someone used my mirror" - Piccole cose semplici

Quando mi arrivò il loro demo per la selezione del festival "Lorca", rimasi subito molto colpita: gli Opensource non mi ricordavano assolutamente nessuno. Echi, sì, di qualcosa di lontano, America, underground londinesi, ma nessun nome preciso. Ho ascoltato parecchio questo "Someone used my mirror", e ogni ascolto era migliore del precedente. Così ho deciso di continuare ad ascoltarlo, e lo sto facendo anche adesso.
Gli Opensource sono una band molto eterogenea (ho conosciuto i componenti) nata e attiva nella zona di Ventimiglia. Il genere musicale si può descrivere come un gradevolissimo pop-eletric-rock cantanto in inglese, anche se è sempre antipatico inscatolare in una rigida definizione chi come loro appare in costante evoluzione. Parliamo un po' specificatamente del demo: al primo ascolto mi era piaciuta molto la canzone d'apertura, "You are my heaven", una ballata che parla, semplicemente, d'amore. La voce sussurrata del cantante, Stefano, ci accompagna in questo suo viaggio verso il cielo, a "baciare il lembo di una nuvola", ad incontare qualcuno di importante con cui condividere una strada da percorrere. In questa canzone anche le chitarre sussurrano, e ascoltandola si ha la sensazione di essere in pace con il mondo...Il secondo brano accelera il ritmo: si intitola "My fantasies", e parla del desiderio di distinguersi dal resto della massa che canta canzoni idiote, come la lucertola cerca il sole. E' una canzone di ricerca, in tutti i sensi. A me è piaciuto molto il finale, con le voci degli altri musicisti che fanno un' eco lontana, sovrapponendosi a quella di Stefano. Arriva poi "Fast-forward", che dimostra la capacità del gruppo di variare pur rimanendo all'interno dello stesso genere. Anche in questo caso il tema portante è il disagio, sottolineato anche dal suono delle chitarre, più aggressivo, che danno la sensazione di qualcosa di "scomodo": "qualcuno ha cambiato le regole per giocare il mio gioco", canta Stefano, e la sensazione è che non si riesca a rimettere a posto le cose. "I see the rain and the rain watches me" inizia con un bel riff di chitarra vivace, che ti butta subito nella mischia: la canzone è tirata, tutta di corsa, da ballare, anche se nel testo si legge ancora malinconia, incertezza per il futuro: "Ti vedrò il prossimo fine settimana? Potrò parlare con il mio nuovo amico?", e questa pioggia cade, osserva, lava via tutto, e tutto sarà un po' più pulito. Forse. Il finale è "Sevend days to find a gift", che sta diventando la mia preferita: un piacevole riff di chitarra e una batteria appena accennata introducono questa piccola ballata. "Sto cercando uno stupido regalo, un oggetto inutile per te, sto aspettando l'ispirazione, ma forse per te è sbagliato". Stefano gira, gira, cercando il regalo, ha sette giorni per trovarlo, ma chissà se conosce abbastanza la sua ragazza da trovarlo in tempo...il cerchio si chiude, anche musicalmente: siamo dalle parti di "You are my heaven", ma con la consapevolezza di una vita pratica da affrontare, domande da porsi, e regali da fare.
L'universo Opensource è fatto di piccole cose semplici, guizzi sonori e sussurri che fanno sentire meno soli. Viene davvero voglia di riascoltarli, e fra poco lo farò.

chi mi è venuto in mente... Motorpsycho
sito web: www.opensourcerockband.com

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